Il Premio Rubicone è il Clown a testa in giù (2004), un’opera del grande scultore e pittore Ilario Fioravanti.
Molti, con ogni probabilità tutti, passano la loro intera esistenza fra la paura di prendere una decisione definitiva e, sul fronte opposto, decretare che è arrivato il momento di gettarsi con tutto il corpo oltre quel limite. Da una parte del fiume ci sono ancora apparenti infinite possibilità, sull’altra riva, invece, ci aspetta un unico impegno, quello irrevocabile con noi stessi e con la nostra coscienza.
In questo caleidoscopio di tensioni, di inquietudini, di pulsioni, non facciamo altro che sostituire una maschera con un’altra, e poi un’altra ancora, finendo per non riconoscerci più. In tutta questa “accettata normalità”, l’unico a non fingere è il clown che può permettersi di cambiare continuamente prospettiva, senza dover rendere conto a nessuno.
Mentre il mondo è ancora fermo lì, a riflettere sui pro e sui contro dei suoi sogni, lui si mette a testa in giù e da quella vista inusuale capisce subito come trasformarli in una nuova realtà.
Ecco allora farsi strada il senso capovolto delle cose, delle non-cose, della paura che cambia all’istante la sua polarità in coraggio. Spesso, è solo una questione di domande. Quelle giuste.
Il clown, in quella buffa posizione che fa scambiare di posto il cielo e la terra, abbraccia una dimensione in cui il “Posso farlo?” è già evaporato in “L’ho fatto!”.
Dopo la prima giravolta, si rimane clown a testa in giù per tutta la vita, proprio perché attraversare la soglia del convenzionale fissa un punto di non ritorno. Proprio come Giulio Cesare quando decise di varcare il Rubicone.
A volte, è sufficiente un dettaglio, uno sguardo d’artista, un cambio di angolazione, per farci comprendere che quel circo, con tutte le sue gabbie, da chissà quanto tempo non ci apparteneva più.
Così, un giorno, ci siamo liberati dei confini che avevamo accettato.